ANTICO VASO Sci LAVENO VERBANO CERAMICA GUIDO ANDLOVITZ MASCHERA CARNEVALE ORO

Riferimento: 143545729284

Questo prodotto non è più disponibile.
Contattaci per maggiori informazioni (Jacopo: +39 334 9703875) oppure effettua una ricerca sul sito per trovare un oggetto simile.


Ø     Codice: S985

Ø     TITOLO: Stupendo rarissimo ed elegante vaso originale 1930 S.C.I. Laveno, Verbanum Stone, in ceramica bianca finemente dipinta con fiocco e due maschere da carnevale

Ø     ORIGINE: Made in Italy Laveno

Ø     PERIODO: 1930 /40 

Ø     MATERIALI: Porcellana firmata sul fondo .

Ø     MARCA: Verbano , Guido Andlovitz , decoratrice Ada Corsi .

      Fondata a Laveno nel 1856 da Severino Revelli ed alcuni ex dipendenti della manifattura "Richard" di Milano, tra cui Carnelli e Caspani, la "S.C.I." (Società Ceramica Italiana) inizia la sua attività come produttrice di piastrelle da rivestimento e terraglie fini da tavola di imitazione inglese. Nel 1883 assume forma di società anonima e ottiene i primi succesi a numerose mostre nazionali. Nel 1895 viene a capo dell'azienda il cavalier Luciano Scotti e grazie al suo intuito e alle sue doti imprenditoriali la fabbrica, in pochi anni, raggiunge un impensabile sviluppo. In quegli anni escono dallo stabilimento di Laveno alcuni pezzi in stile Liberty firmati da Giorgio Spertini, autore di eleganti creazioni a "colpo di frusta" degni di nota. Nel 1906 la "S.C.I." presenta numerose opere alla Mostra Internazionale di Arti Decorative di Milano. Altri collaboratori di inizio secolo sono Silvio e Piero De Ambrosis, Felice Palucco, Giancarlo Jacopini e i fratelli Marco e Luigi Raggiori. Ma è nel 1923 che, sotto la direzione di Guido Andlovitz, la manifattura raggiunge il massimo della sua fama e nel 1925 ottiene una grande affermazione alla II Biennale di Monza. Andlovitz, che collaborerà con la manifattura per quasi quarant'anni, applica alla produzione il principio di serialità, tanto inutilmente invocato da Giò Ponti alla "Richard-Ginori", adottando tipi di decorazione che, sebbene a stampo e/o decalcomania, mantengono comunque una loro indiscutibile eleganza. Nel 1924 la "Società Ceramica Revelli" si consorzia con la "S.C.I.", il sodalizio proseguirà fino al 1932 e vedrà l'azienda di Franco Revelli occuparsi delle terraglie e porcellane da tavola per conto della "S.C.I.". Dal 1925 nei cataloghi della fabbrica iniziano a comparire stoviglie e vasellami in porcellana. Nel 1927 la ditta è presente alla III Biennale di Arti Decorative di Monza. Tra la fine degli anni Venti e l'inizio degli anni Trenta iniziano a collaborare con la "S.C.I." i decoratori Giuseppe Bellorini e Daniela Ferretto. All'inizio del 1932 la manifattura ha in gestione due stabilimenti: quello di Laveno, che, con oltre 1300 dipendenti, produce terraglie forti, servizi da tavola e ceramiche artistiche e quello di Verbano, che occupa circa 400 persone e che produce, oltre a ceramiche per l'industria elettrotecnica, ottime porcellane da tavola. La produzione viene commercializzata nei negozi di Roma, Genova e Napoli realizzati per la ditta, su progetto dello stesso Andlovitz. Nella metà degli anni Trenta, tra gli altri, collaborano con la "S.C.I." le decoratici Ada Corsi e Ida Fonini. Dal 1936 al 1940 la direzione artistica della manifattura viene affidata allo scultore e modellatore Angelo Biancini. Nel 1939 nello stabilimento di Laveno lavorano circa 1300 persone e nel 1951 circa 2300. Negli anni tra le due guerre fra i collaboratori della fabbrica ricordiamo Sirio Tofanari, Gigi Regnati e Slvatore Michele Saponaro. Dal 1940 alla fine degli anni '50 la carica di direttore artistico torna nuovamente ad essere ricoperta da Guido Andlovitz. Poco dopo la fine della II guerra mondiale alla "S.C.I." viene assunta, giovanissima, Antonia Campi e dopo poco Andlovitz, accorgendosi del suo innato talento, la chiama a progettare articoli, da inserire nella serie "Fantasia", nella sezione Ufficio Artistico. Dal 1949 al 1970, la Campi è autrice di quasi 300 oggetti che la rendono protagonista della ceramica italiana e presto è chiamata, su invito dello stesso Andlovitz, ad assumere la carica di direttrice artistica della manifattura. Dagli anni Cinquanta tra i collaboratori della manifattura ricordiamo la pittrice Leonor Fini, i decoratori Angelo Ruffoni e Giuseppe Talamoni e il designer Erberto Carboni La "S.C.I." di Laveno chiude e viene assorbita dalla "Richard-Ginori" nel 1965.

Ø     MODELLO: vaso scultura dipinta e firmata sul fondo

Ø     MANIFATTURA: Italiana

Ø     FUNZIONI: Collezionismo e arredamento di altissima classe

Ø     PESO: 0,535 kg tutto ,alto 21 cm , diametro 14 cm

Ø     CONDIZIONI: Ottime , senza difetti , il tutto come da foto allegate in inserzione

Ø     INTERVENTI: nessuno 

Ø     NOTE: Un oggetto di altissima qualità, eccezionale, molto elegante e prezioso, da non perdere! 

     Nel 1929 Angelo Biancini s'iscrisse all'Istituto d’Arte di Firenze ed ebbe come maestro Libero Andreotti che raccomandava sempre ai suoi allievi di confrontarsi sempre con la natura e di non perdersi in inutili virtuosismi formali. Biancini trovò uno studio in un ex convento e lì si dedicò prima alla maiolica, quindi alla modellatura e alla scultura. Nel 1934, con la Lupa vinse la sezione Scultura ai Littoriali dell'Arte che si tennero a Roma ed eseguì un ritratto di donna - ora alla Pinacoteca comunale di Faenza - identificabile nella stessa persona ritratta l'anno dopo, nel bronzo Donna romagnola. La giovane era sua moglie Dina, i cui tratti idealizzati si ritrovano anche nella Preghiera e nella Fede del 1937, e nella Vittoria Alata del Monumento ai caduti di Lavezzola, del 1936.

Nel 1934 Angelo Biancini ottenne la Licenza di Maestro d'Arte, nella sezione Scultura decorativa, presso l'Accademia di Firenze ed espose alla Biennale di Venezia il bronzo a cera persa La Luzcha. Con oggetti, realizzati su suo disegno, prese parte alla VI Triennale di Milano. Realizzò nel 1935 la statua Atleta vittorioso per il Foro Mussolini (oggi Stadio dei Marmi) a Roma, dove nel 1935 espose alla II Quadriennale d'Arte Nazionale. Nel 1937 realizzò due gruppi scultorei per il Ponte delle Vittorie, a Verona.

Gaetano Ballardini lo aiutò a trasferirsi a Laveno dove, dal 1937 al 1940, Biancini collaborò con Guido Andlovitz, direttore artistico dell'azienda, formando i ceramisti ed eseguendo sculture in ceramica per rilanciare il nome della Società Ceramica Italiana, che nel 1940 vinse il Gran Premio per le Ceramiche artistiche, alla Triennale di Milano.[1]

Nel 1942 Biancini insegnò all'Istituto d'Arte per la Ceramica di Faenza e nel dopoguerra subentrerà a Domenico Rambelli, nella cattedra di Plastica, che manterrà fino all'età della pensione. Accanto all'attività didattica, Biancini continuava quella artistica. Nel 1943, a una personale, organizzata nell'ambito della Quadriennale Romana, ottenne il premio "Nazionale". Nel 1946 ricevette il Premio "Faenza" con Annunciazione, un grande pannello in ceramica, smaltato da Anselmo Bucci. Otterrà identico riconoscimento nel 1957, con il bassorilievo Gesù tra i dottori.

Nel dopoguerra Biancini è stato presente alla grande mostra della Scultura italiana, organizzata dalla Galleria La Spiga di Milano nel 1946; nel 1948 la Galleria Cairola gli ha organizzato una personale, presso la Galleria dell'Illustrazione Italiana a Milano, con 36 opere tra gessi, ceramiche, bronzi. Ricevette le lodi del critico d'arte Leonardo Borgese. Seguì la personale del 1956, alla Galleria San Fedele, dove Biancini presentò 50 sculture.

Al Palazzo Esposizioni di Milano Biancini vinse il Bagutta per la Scultura, nel 1961; nello stesso anno è stato premiato per il bronzo San Giovanni nel deserto, alla Mostra Internazionale di Arte Sacra di Trieste, premio che vincerà nuovamente, nel 1963, con Il Pastore Sacro. Si fece notare a Padova, alla Mostra Internazionale del bronzetto, nel 1963. Tra le sue opere monumentaliː i rilievi per la nuova Basilica di Nazareth del 1959, il baldacchino del Tempio dei Martiri Canadesi a Roma del 1961 e le sculture per l'Ospedale Maggiore di Milano del 1964.

Il loggiato in occasione del centenario della nascita di Angelo Biancini

Eseguì sculture anche per la Chiesa dell'Autostrada del Sole allo svincolo di Firenze, per l'Hospitium di Camaldoli e per la FAO a Roma. Tra le opere scultoree in memoriam si ricordano il monumento alla Resistenza di Alfonsine del 1972, quello dedicato ad Alfredo Oriani a Casola Valsenio del 1963, il monumento a Grazia Deledda a Cervia del 1956, quello ad Angelo Celli a Cagli del 1958, quello a Don Minzoni ad Argenta del 1973, ed infine il sarcofago della venerabile Benedetta Bianchi Porro, a Dovadola, nell'Appennino forlivese.

A Roma, a Palazzo Braschi, è stata organizzata nel 1973 una panoramica completa dei suoi bronzi e nello stesso periodo gli fu dedicata una sala personale, nella Collezione d'Arte Religiosa Moderna dei Musei Vaticani. Nel 1980 il Comune di Faenza gli conferì la medaglia d'oro, la cittadinanza onoraria e allestì una grande antologica, dove furono esposte 150 sue sculture. In quella stessa occasione egli donò alla città di Faenza tre sue opere scultorie: un San Tomaso d'Aquino, un ritratto di Alfredo Oriani, e un busto del pittore Roberto Sella. Dopo la morte dell'artista, la città di Faenza gli ha dedicato nel 1988 un'altra antologica, con sculture e con ceramiche.

 

Buon Acquisto!

143545729284

LE NOVITA' DI OGGI

Cosa dicono di noi